Cisa Campus ha lo scopo di promuovere la cultura della prevenzione del contagio e di diffondere conoscenza sul controllo e il contrasto delle infezioni in ambito sanitario e life science. Campus si occupa di informare e formare sulle procedure e tecnologie dedicate al processo di sterilizzazione.
Cisa Campus opera a livello internazionale attraverso la propria offerta formativa che raggiunge operatori e tecnici del settore sanitario in tutto il mondo.
Grazie a questo centro di eccellenza, il personale Cisa e i distributori sono altamente specializzati, in quanto periodicamente aggiornati sulle soluzioni attuali in ambito sterilizzazione e sull’impatto che le tecnologie più innovative hanno sugli sviluppi del settore.
La principale sede di Cisa è a Lucca e ciò permette a Cisa Campus di offrire una didattica specializzata a tutto il personale e di rivolgersi anche a studenti e neodiplomati del territorio. Molti i neolaureati provenienti da prestigiosi Atenei scelgono un argomento legato a Cisa Group e al processo di sterilizzazione per svolgere uno stage curriculare e preparare la propria tesi di laurea.
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La formazione può essere progettata su richiesta specifica da parte del distributore o della struttura sanitaria e del centro di ricerca o laboratorio. I corsi sono erogati in presenza o a distanza, e-learning e video conference. I docenti sono generalmente personale Cisa Group o autorevoli esperti della procedure di sterilizzazione in sanità o del processo di sterilizzazione in ambito life science.
Operatori, tecnici e ingegneri vengono sottoposti periodicamente a sessioni di formazione e aggiornamento su tutte le novità aziendali e sull’evoluzione della normativa di riferimento (ad esempio DIN EN 285 – European Standards).
Per il personale tecnico viene rilasciato, a seguito di un aggiornamento annuale, uno specifico attestato che permetterà di utilizzare, installare e manutenere i macchinari e i sistemi di sterilizzazione Cisa Group, in Italia e in ogni altra parte del mondo.
Lezioni pratiche a livello base, intermedio e avanzato, forniscono infatti tutte le informazioni sui processi, sulla tecnologia e sulle regole di utilizzo dalle singole macchine della centrale di sterilizzazione.
Se vengono sviluppate soluzioni speciali per un cliente, generalmente in applicazioni life science di tipo laboratorio, ricerca o farmaceutiche, il cliente spesso è presente per partecipare ai test di verifica delle funzionalità e Cisa Campus può organizzare uno specifico corso di formazione.
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I Tech Tips Cisa Campus sono brevi pillole, suggerimenti pratici sul processo di sterilizzazione. Indicazioni tecniche sul corretto utilizzo delle autoclavi di sterilizzazione e consigli per la manutenzione delle tecnologie di termo-disinfezione Cisa Group.
Ciclo di riscaldamento per autoclave.
Prima di iniziare la giornaliera attività di sterilizzazione l’operatore deve eseguire alcuni test che assicurino la corretta funzionalità dell’apparecchiatura per la sterilizzazione. Queste verifiche sono effettuate utilizzando i programmi preimpostati nelle macchine Cisa, in particolare riscaldamento, Vacuum Test e Test Bowie & Dick.
Il test di riscaldamento (o ciclo di riscaldamento) ha lo scopo di riscaldare la camera ed i vari circuiti idraulici in maniera che all’interno della macchina transiti solo vapore saturo. Inoltre, può essere utile per estrarre tutta l’acqua presente nelle tubazioni dell’apparecchiatura, che si è prodotta con il raffreddamento del vapore. Per il test di riscaldamento può essere utilizzato qualsiasi programma preimpostato per la sterilizzazione a vapore. È comunque consigliabile utilizzare il programma di sterilizzazione a 134°.
Il ciclo di riscaldamento deve essere ripetuto giornalmente e comunque ogni qualvolta l’apparecchiatura dovesse rimanere spenta per un periodo superiore di almeno 4 ore.
Vacuum test per autoclave.
Prima di iniziare la giornaliera attività di sterilizzazione l’operatore deve eseguire alcuni test che assicurino la corretta funzionalità dell’apparecchiatura per la sterilizzazione. Queste verifiche sono effettuate utilizzando i programmi preimpostati nelle macchine Cisa, in particolare Riscaldamento, Vacuum Test e Test Bowie & Dick. Eseguito il ciclo di riscaldamento e messa a regime la sterilizzatrice, si procederà alla valutazione della “tenuta della camera” con il ciclo Vacuum Test.
Il vaccum test o test del vuoto per autoclave è il test più semplice da eseguire. È da effettuare quotidianamente, in modo tale da avere la certezza che il Dispositivo esegua correttamente il vuoto nella camera e non vi siano perdite negli organi di tenuta dell’apparecchiatura (funzionamento della pompa, e raggiungimento dei relativi limiti di vuoto impostati, perdite alla guarnizione del portello, dai raccordi nelle tubazioni interessate dal circuito del vuoto, buona tenuta dei componenti meccanici quali elettrovalvole ecc. ). E che sia in grado di mantenere il vuoto in camera per un certo periodo di tempo. Il test viene eseguito producendo un vuoto controllato nella camera di sterilizzazione e mantenendolo per un periodo di tempo di circa 600’’ pari a 10 minuti.
Se il test del vuoto ha esito positivo dimostra che il tasso di perdita è nella norma. La macchina stampa uno scontrino cartaceo che certifica l’avvenuto test.
Bowie & Dick Test per autoclave.
Prima di iniziare la giornaliera attività di sterilizzazione l’operatore deve eseguire alcuni test che assicurino la corretta funzionalità dell’apparecchiatura per la sterilizzazione. Queste verifiche sono effettuate utilizzando i programmi preimpostati nelle macchine CISA, in particolare Riscaldamento, Vacuum Test e Test Bowie & Dick. Eseguito il ciclo di riscaldamento, messa a regime la sterilizzatrice e valutata la “tenuta della camera” con il Vacuum Test, ogni giorno l’operatore esegue anche il test Bowie & Dick.
Il test di Bowie & Dick, è la prova giornaliera che monitorizza l’efficacia della rimozione dell’aria e della penetrazione del vapore nei carichi porosi per le sterilizzatrici a vuoto frazionato. Durante questo test si verifica il corretto funzionamento della pompa del vuoto della sterilizzatrice, l’assenza di infiltrazioni d’aria all’interno della camera e l’assenza dei gas non condensabili disciolti nel vapore di alimentazione.
Il test di Bowie & Dick è di fondamentale importanza. Infatti, cosa succede se dell’aria resta intrappolata all’interno di una confezione durante un ciclo di sterilizzazione a vapore?
Prendiamo in considerazione una busta per sterilizzazione termosaldata contenente un dispositivo medico, ad esempio un bisturi. Se nella busta resta intrappolata dell’aria, il vapore saturo penetra nella busta attraverso il suo lato carta, ma non riesce ad entrare in diretto contatto con la superficie del bisturi, poiché l’aria, rimasta intrappolata, forma una specie di “bolla” intorno al bisturi stesso.
Ne consegue che l’energia termica del vapore non sarà ceduta al bisturi, inattivando così tutti i microrganismi presenti sulla superficie del dispositivo medico, ma verrà ceduta all’aria che si riscalderà lentamente.
Per effettuare la prova si prende un pacco pronto per il test B&D monouso o riutilizzabile. Si posiziona il pacco nel punto più freddo della camera o vicino allo scarico. All’interno della camera deve essere presente solo il pacco di prova, perché il test si effettua a camera vuota. Si esegue il ciclo test con il tempo previsto dalle normative specifiche (half time). Al termine del ciclo si rimuove il pacco dalla camera.
Il test non sarà stato superato se il foglio indicatore, all’interno del pacco test presenterà una zona non virata nel colore.
Il test sarà stato superato positivamente se il foglio indicatore presenterà una colorazione uniforme su tutta la sua superficie.
Questi approfondimenti di divulgazione scientifica trattano temi anche trasversali al processo di sterilizzazione coinvolgendo non solo professionalità onterne a Cisa Group ma anche figure autorevoli ed esperti del settore scientifico e del mondo medicale.
I CONSUMI IN UNA CENTRALE OSPEDALIERA:
COME RISPARMIARE GRANDI QUANTITÀ DI ACQUA
E RIDURRE NOTEVELMENTE I COSTI.
L’acqua è il carburante indispensabile per tutto il processo di ricondizionamento dei dispositivi medici riutilizzabili in ogni centrale di sterilizzazione ospedaliera (CSSD). Perché?
L’ammontare dei consumi di acqua all’interno di una centrale di sterilizzazione che serve dieci sale operatorie, equipaggiate con apparecchiature utilizzate medio intensivamente durante l’arco del giorno, è di circa 2 milioni 500 mila litri all’anno.
Questo numero impressionante deve essere raddoppiato se si considerano anche i consumi dovuti ai lavaggi manuali e all’impiego di termodisinfettori e altri dispositivi di grandi dimensioni per il lavaggio di containers e carrelli.
Si dice che l’acqua utilizzata in una CSSD abbia tre costi. Cosa significa?
Bisogna tenere in considerazione che oltre al costo dell’acqua come materia prima ci sono anche tutti i costi tecnologici legati al processo di ricondizionamento e al trattamento che essa stessa subisce.
Le diverse tipologie di acqua utilizzate all’interno delle centrali di sterilizzazione per rispondere a requisiti sia tecnici che normativi subiscono dei trattamenti e questi hanno un costo. Un secondo costo è quindi quello del pretrattamento e un terzo costo è quello dovuto al trattamento di scarico dai dispositivi a fine ciclo, in parole semplici allo smaltimento dell’acqua stessa.
Conoscere questi aspetti e le conseguenze specifiche in termini di sostenibilità è importante per comprendere come poter risparmiare, quali tecnologie scegliere e come sfruttarle al meglio anche per ridurre il proprio impatto sull’ambiente.
Il consumo di acqua in centrale e la sostenibilità
L’acqua ha un ruolo di protagonista non solo nel processo di ricondizionamento di una centrale di sterilizzazione ospedaliera ma anche all’interno della Road Map 2030.
L’acqua è alla base di almeno 5 dei 17 sustainable goals che le Nazioni Unite hanno identificato come obiettivi da raggiungere entro il prossimo decennio.
Cosa si può fare per ridurre il consumo d’acqua in CSSD?
Si può fare molto per partecipare attivamente all’agenda 2030 dell’ONU. Ecco un paio di semplici consigli.
Esempio termodisnfettori
Cisa Group propone dei termodinfettori che riducono il consumo d’acqua in ogni fase del ciclo e di conseguenza garantiscono un risparmio importante in termini di potenza termica ed elettrica necessaria per portare l’acqua alla temperatura idonea al processo di disinfezione.
È come quando si mette a bollire l’acqua per la pasta. Riempiendo la pentola fino a metà risparmio l’acqua del rubinetto e un0ingeriore quantità di acqua potrà raggiungere la temperatura di bollore in meno tempo, consumando meno fonte di calore, risparmiando gas.
Sterilizzatori a vapore con Aquazero
Esistono sul mercato dei sistemi e dispositivi integrati nelle apparecchiature di sterilizzazione che riescono a garantire un risparmio idrico superiore al 95%, come il sistema brevettato Cisa Group Aquazero® [link] che genera il vuoto senza acqua.
Affrontare il progetto di una nuova centrale di sterilizzazione con maggiore consapevolezza diventa fondamentale.
Avere chiari obiettivi e scegliere un partner con un’esperienza pluriennale nella progettazione di centrali ospedaliere smart e sostenibili è il primo passo. Includere nuove tecnologie, dispositivi innovativi e specifici accorgimenti è il secondo. Un buon lavoro di squadra può permettere un risparmio idrico complessivo che varia dal 60 al 70%.
La contaminazione batterica
e “Riflesso di Semmelweis”.
“La Vie et l’Oeuvre de Philippe Ignace Semmelweiss”. Con questo titolo Louis Ferdinand Céline discuterà la propria tesi di laurea in Medicina nel 1924. Il lavoro verrà poi pubblicato nel 1952 con il più semplice titolo di Semmelweiss.
Ma chi era il dottor Semmelweiss?
Nato in Ungheria, e laureatosi in Medicina presso la famosa Scuola Medica Viennese nel 1846 divenne dottore in chirurgia ed ostetricia. È ricordato per un’intuizione straordinaria, che individua nel mancato lavaggio accurato delle mani la causa del propagarsi della febbre puerperale.
Le morti per febbre puerperale
Semmelweiss infatti, aveva notato che nella clinica dove lui lavorava, ed in cui i giovani medici passavano direttamente dalla dissezione dei cadaveri alla visita delle donne che avevano appena partorito, l’incidenza delle morti per febbre puerperale si attestava a circa il 10%.
Semmelweis era ossessionato da queste morti così frequenti, ma la cosa che più lo disorientava era la constatazione che in un altro padiglione dello stesso ospedale, gestito non da medici ma esclusivamente da ostetriche, la mortalità per febbre puerperale era dieci volte più bassa.
Un collegamento patologico: le particelle cadaveriche
Lo studio della cartella clinica di un collega medico ed amico, morto a seguito di una breve malattia, lo colpì per due elementi:
• L’autopsia praticata sul cadavere dell’amico evidenziava lesioni simili a quelle che si riscontravano sulle donne morte per febbre puerperale
• Il giovane medico solo qualche giorno prima della morte si era ferito nel corso di una autopsia praticata sul cadavere di una di queste donne.
Gli fu chiaro che la febbre puerperale e la morte del giovane medico erano la stessa cosa dal punto di vista patologico perché entrambe presentavano gli stessi cambiamenti anatomici. Se nel caso del medico i cambiamenti nella sepsi derivavano dall’inoculazione di particelle cadaveriche allora la febbre puerperale doveva avere origine dalla stessa fonte. Ciò fu sufficiente a Semmelweis per giungere ad un’ipotesi, straordinaria per l’epoca: la febbre puerperale è una malattia che viene trasferita da un corpo all’altro a seguito del contatto che i medici e gli studenti presenti in reparto hanno prima con le donne decedute (su cui praticavano autopsia) ed immediatamente dopo con le partorienti che andavano a visitare in corsia.
Una banale disposizione: lavare le mani e biancheria pulita
Era una teoria sconvolgente per i tempi. Per dimostrarla il giovane Semmelweis mise in atto una banale disposizione: tutti coloro che entravano nel Padiglione di ostetricia, sarebbero stati obbligati a lavarsi le mani con una soluzione di cloruro di calce (ipoclorito di calcio). A questo aggiunse la disposizione che per tutte le partorienti si cambiassero le lenzuola sporche con altre pulite. I fatti gli diedero immediatamente ragione. Era il maggio 1847.
Nel 1846, su 4.010 puerpere ricoverate presso il Padiglione I, ne erano morte 459 (l’11,4%) per febbre puerperale. Nel 1847, dopo l’adozione del lavaggio delle mani con ipoclorito di calcio, su 3.490 pazienti ne morirono 176 (il 5%) e l’anno successivo la percentuale si attesterà tra l’1 e il 2%, all’incirca la stessa da sempre del Padiglione II
Questi dati avrebbero potuto suscitare se non entusiasmo almeno interesse o curiosità, invece gli attirarono gelosia, invidia e risentimenti vari. Il suo direttore, che sosteneva con forza la necessità per gli studenti di praticare molte autopsie, trovava irritanti le iniziative di questo straniero ungherese e che si arrogava il diritto di emanare disposizioni che non gli competevano, offensive per il personale (l’obbligo di lavarsi le mani) ed onerose per l’ospedale (cambio frequente delle lenzuola).
La prima intuizione sulla contaminazione batterica
Ci vollero molti anni prima che la scoperta di Semmelweis venisse accettata e applicata in modo generalizzato: la dimostrazione della contaminazione batterica fu data da Pasteur solo nel 1864, a quasi vent’anni di distanza. Prima di allora le scoperte di Semmelweis vennero screditate e, nonostante i risultati positivi, fu licenziato dall’ospedale di Vienna per aver dato disposizioni senza esserne autorizzato e di conseguenza le morti per infezione aumentarono nuovamente.
Le intuizioni di Semmelweis arrivarono quando i microscopi erano insufficienti per sapere dell’esistenza dei microbi, ben prima quindi che Pasteur gettasse le basi della moderna microbiologia, che rivaluterà l’operato e il genio di Semmelweis, dandogli postumo il merito che gli spettava in vita.
Ancora oggi, è chiamata “Riflesso di Semmelweis” la riluttanza o resistenza ad accettare una scoperta in campo scientifico o medico che contraddica norme, credenze o paradigmi stabiliti.
LA NUOVA FRONTIERA PER IL TRATTAMENTO
DEI RIFIUTI SANITARI.
I rifiuti sanitari rappresentano un costo economico e ambientale sempre meno sostenibile. Cisa Group ha la soluzione: un approccio innovativo alla gestione dei rifiuti ospedalieri, sicuro, economico e sostenibile.
I rifiuti sono una emergenza globale. Producono inquinamento che si disperde nell’aria, altera le acque e rende la terra sempre più sporca e invivibile. I rifiuti costano: occupano spazio e, per il loro trattamento e per rimediare ai danni ambientali e sanitari che producono, sfruttano risorse umane ed economiche .
I rifiuti medicali sono particolarmente dannosi: oltre ad elevati costi di gestione per enti e strutture, sono una fonte importante di Co2, e vengono trattati e smaltiti in maniera arcaica ed inefficiente.
I dati italiani prima della pandemia evidenziavano una produzione annuale media intorno alle 144mila tonnellate (rif. 2019). Nel 2020 l’incremento di ricoveri e l’uso diffuso dei DPI ha portato una crescita dei consumi e il raddoppio del dato (in Italia raggiunte le 300mila tonnellate). Le emissioni inquinanti dovute ad un numero impressionate di viaggi presso inceneritori, discariche o centri di recupero determinano un impegno logistico ed economico intollerabile.
Gli enti ospedalieri e le strutture di ogni dimensione si trovano quotidianamente a gestire procedure complesse e pericolose. Lo stoccaggio, il trasporto e il trattamento dei rifiuti ospedalieri sono considerate operazioni ad alto rischio e costituiscono un costo elevato per l’industria sanitaria. Si tratta di cifre enormi sui rendiconti finanziari e di ombre sui bilanci di sostenibilità.
Lo sviluppo sostenibile amplia il concetto di sostenibilità sui tre pilastri che focalizzano ancora meglio la responsabilità di ogni soggetto e l’importanza di scelte concrete e soluzioni efficaci. La sostenibilità economica indica la capacità di tutelare le risorse finanziarie, efficienza per le imprese e reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione. Per sostenibilità ambientale si intende la capacità di mantenere la qualità, la riproducibilità e la disponibilità delle risorse naturali. In questa area c’è tutto quanto riusciamo a fare per rispettare maggiormente il pianeta. Con sostenibilità sociale ci si riferisce alla tutela del benessere umano. La capacità di garantire la qualità e le condizioni di vita legate a sicurezza, salute, istruzione, democrazia, partecipazione e giustizia. Questi tre focus, strettamente correlati, guidano ogni soggetto sociale, delineando etica e responsabilità nei confronti degli stakeholder diretti, delle comunità circostanti e del mondo intero.
La maggior parte dei paesi sta sviluppando nuove regole per ridurre i costi, l’impatto ambientale e sociale dei rifiuti infettivi, facendo particolare attenzione alle Linee Guida per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e ai relativi 17 goals (SDGs).
Le norme si pongono obiettivi simili.
La Semplificazione, introdotta in Italia con la L. di conversione 40/2020, è stata un importante novità: il rifiuto ospedaliero, adeguatamente sterilizzato secondo i dettami del DPR 254 presso le strutture sanitarie pubbliche e private è sottoposto al regime giuridico dei rifiuti urbani, quindi smaltibile con la raccolta comunale senza gestione speciale. Questo significa: meno trasporti e costi. Ma anche meno rischi per le persone e una determinante riduzione delle emissioni in atmosfera.
Il legislatore promuove la sterilizzazione dei rifiuti ospedalieri in loco. Perché riduce rischi per la salute e l’impatto sull’ambiente.
Cisa Group, impegnata da oltre 70 anni nello sviluppo di tecnologie per la sterilizzazione ospedaliera e il controllo delle infezioni, applica da oltre 15 anni il suo know-how nel trattamento dei rifiuti ospedalieri con vantaggi misurabili. Il sistema per il trattamento dei rifiuti sanitari WSD® (Waste Sterilization Department) permette di rispettare la nuova normativa con risultati sicuri ed ecocompatibili. È in grado di garantire vantaggi concreti da un punto di vista economico, sociale e ambientale in linea con almeno 5 dei 17 SDGs (source PWC).
WSD® è una soluzione end-to-end, una nuova frontiera per il trattamento dei rifiuti.
Tutte le prove effettuate dimostrano la capacità del sistema Cisa di rispettare le disposizioni del DPR 254, senza inquinamento in aria, a terra, acustico od olfattivo. La WSD® assicura il rispetto della salute e della sicurezza degli operatori, delle comunità e dell’ambiente circostante.
Il processo avviene all’interno della struttura. Ogni step è monitorato da un software proprietario di Cisa.
Il massimo controllo e la semplificazione del processo assicurano una maggiore tutela del personale e della responsabilità del produttore, a volte non pienamente consapevole del ruolo che la legge gli impone: vigilare sull’intera catena del rifiuto, fino al suo smaltimento definitivo, che non avviene con l’affidamento del rifiuto a terzi ma solo quando effettivamente il rifiuto ha completato il suo ciclo. Con il sistema Cisa i rifiuti sono sottoposti ad un trattamento che ne riduce il volume di circa 8 volte, semplificando stoccaggio e movimentazione. Si limitano conferimento in discarica, trasporti ed emissioni.
Internalizzare tutta la catena dei rifiuti può garantire un risparmio complessivo fino al 30/40% e un taglio delle emissioni che – secondo un recente studio del NHS in Inghilterra - può arrivare fino all’80%.
Efficientare il processo permette di concentrarsi sul proprio percorso di sviluppo sostenibile e vagliare nuove opportunità in ottica end-of-waste come la produzione di energia alternativa, il riuso e il riciclo, dando il via ad un flusso ininterrotto di innovazione. Con WSD® l’ospedale del futuro si concede una grande vantaggio competitivo ad un passo da importanti traguardi.
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